Ero piccolo quando Enrico Berlinguer è morto. Se cerco ricordi di quei giorni, nella mia famiglia semplice di operai e contadini iscritti al PCI, li trovo in un libro che comparve in casa insieme all’Unità della domenica, che da lì a qualche anno avrei fatto in tempo a distribuire anch’io casa per casa, cominciando quella che si chiamava militanza politica di base. Un libro grande, con la copertina rossa, dove tanti politici, intellettuali, giornalisti, donne e uomini che sentivo nominare alla televisione, scrivevano in ricordo del segretario da poco scomparso.

Così appresi qualcosa sulla sua vita pubblica e sulle sue passioni umane. Per la prima volta lèggevo qualcosa che non fossero i romanzi e i racconti per bambini. Cominciò di lì la mia curiosità per la politica: sono stato fortunato, difficile trovare un esempio migliore che ti accompagni alla scoperta di un mondo nuovo. Dopo avrei provato tante volte l’emozione di vedere filmati sui suoi ultimi giorni: l’ultima volta in un cinema, al buio, con un amico fraterno, ormai più che adulti, ci siamo ancora una volta scoperti a commuoverci per quello che ha saputo trasmettere quest’uomo, e per come ha saputo farlo.
Grazie, mille volte grazie